"Boh!"
Parole rubate alle altre lingue, perché intraducibili, "come un abracadabra, una formula magica (o un lampo di poesia) l'espressione che, tutto d'un fiato, nomina ciò che si credeva ineffabile".
Come Litost. In ceco si chiama così il rammarico, la pena, quel misto di tristezza e rimpianto che assale chi all'improvviso prende coscienza della propria miseria esistenziale.
"Fatico a credere che ci sia qualcuno in grado di comprendere l'animo umano senza conoscere questa parola. Eppure inutilmente l'ho cercata in altre lingue" (Milan Kundera).
E allora, yakamoz è la parola più bella del mondo?
In turco "corrisponde all'immagine radiosa della luna che si specchia sul mare e precisamente nomina l'iridescenza che, sul Bosforo, nelle notti di plenilunio, dona scintillio alle onde tagliate dai remi." (Alessandra Iadicicco, Le intraducibili – Il Foglio, 4 maggio 2013)